Gianfranco Zappettini (Genova, 16 giugno 1939) è un pittore italiano, tra gli esponenti, negli anni settanta, della Pittura analitica.
Frequenta il Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova e l'Accademia di Belle Arti di Carrara. Nel 1961 partecipa al premio S. Fedele di Milano, nel 1962 tiene la sua prima personale presso la Società di Belle Arti, al Palazzetto Rosso di Genova. Nello stesso anno entra nello studio dell'architetto tedesco Konrad Wachsmann (autore fra l'altro della casa di Albert Einstein a Potsdam) a Genova per progettare il grattacielo dell'Italsider in via Madre di Dio. La frequentazione con Wachsmann, che si protrarrà sino all'anno successivo, ne influenza la pittura orientandola verso una ricerca di tipo strutturale. Nel 1963 sposa Gabriella Gonfiantini e l'anno successivo nasce la figlia Martina. Sempre nel 1964 espone a Verona (Galleria Ferrari) e Bologna (Galleria 2000) e inizia il suo rapporto di collaborazione con la Galleria La Polena di Genova. Stringe amicizia con l'artista Mario Nigro, con cui intratterrà una lunga corrispondenza. Nel 1968 arriva a Genova il pittore tedesco Winfred Gaul, tramite il quale Zappettini inizia la frequentazione dell'ambiente artistico tedesco e olandese. Nel 1971 è infatti invitato ad "Arte concreta", collettiva che si svolge al Westfälischer Kunstverein di Münster a cura del direttore, il critico Klaus Honnef. Alla mostra partecipano, tra gli altri, Lucio Fontana, Enzo Mari, Fausto Melotti, Bruno Munari, Mario Nigro, Mario Radice, Manlio Rho.
All'inizio degli anni settanta, in Italia e in Europa prendono corpo nuclei di artisti che lavorano sugli elementi minimi del linguaggio della pittura. Da questo comune sentire, si forma la cosiddetta Nuova Pittura, da cui poi si distinguerà la Pittura analitica, più legata all'analisi dei mezzi operativi e dei processi pittorici. Ad essa Zappettini contribuisce con numerosi scritti pubblicati su riviste italiane e straniere (Gala international, Flash Art, Data, Kunstforum international ecc.) e con i quadri "bianchi". Il pittore genovese parte da una tela preparata al nero e stabilisce un numero determinato di mani di acrilico bianco misto a polvere di quarzo che ritiene necessarie per coprire definitivamente il nero; il colore è applicato con un rullo da imbianchino, in modo da conferire anonimità e meccanicità al gesto; se la copertura del nero è raggiunta prima del numero di mani prefissato, l'opera è da riternersi conclusa. Queste opere vengono esposte a partire dal 1973, per esempio alla collettiva "Tempi di percezione" (a cura di Luigi Lambertini e Lara-Vinca Masini), alla Casa della Cultura di Livorno, e a "Un futuro possibile – nuova pittura" (a cura di Giorgio Cortenova), al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel marzo del 1974 torna al Westfälischer Kunstverein di Münster per "Geplante Malerei", collettiva organizzata da Klaus Honnef che sarà riproposta quasi integralmente alla Galleria Il Milione di Milano a dicembre di quello stesso anno. Nel 1975 prende parte a "Concerning Painting... A proposito della pittura...", mostra itinerante in vari musei olandesi, e ad "Analytische Malerei" alla Galerie La Bertesca di Düsseldorf. In quell'anno, sempre in Germania, tiene una personale al Westfälischer Kunstverein di Münster e alla Galerie Karsten Greve di Colonia. L'artista inizia a lavorare sulle "tele sovrapposte": su una prima tela Zappettini delimita un campo e lo riempie di anonimi tratti a grafite 2B; sulle tele che vengono successivamente apposte la superficie tratteggiata si riduce fino a lasciare via via il campo semplicemente delimitato e vuoto, pronto per una nuova stesura. Nel 1977 è invitato a documenta 6 di Kassel. Nel 1978 espone a Parigi, nella collettiva "Abstraction Analytique", a cura di Bernard Lamarche-Vadel, all'A.R.C.-Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris, e ad Anversa, in una personale all'Internationaal Cultureel Centrum.
Dalla fine degli Anni settanta la vita di Zappettini prende una nuova direzione. Il pittore si trasferisce a S. Andrea di Rovereto, località sulle alture di Chiavari, in una sorta di autoisolamento rispetto ai circuiti artistici internazionali. Pur senza cessare l'attività espositiva (nel 1981 partecipa alla mostra "Pittura in radice", curata da Achille Bonito Oliva presso la Galleria Artra Studio di Milano e nel 1982 a "Pittura di corta memoria", curata da Viana Conti, al Palazzo La Permanente di Milano), intraprende una fase di ricerca spirituale che lo porterà a viaggiare tra Europa, Medio Oriente e Africa e ad avvicinarsi a discipline come Taoismo, Buddhismo Zen e soprattutto Sufismo. Dopo opere pittoriche in cui predominano il distanziamento concettuale e l'ironia e dopo sconfinamenti nella fotografia, le sue opere si ispirano ora al mondo simbolico e alla metafisica, complici le letture di René Guénon. Dagli anni novanta le sue opere ritornano a una certa essenzialità. Nel 1998 il Museo d'arte contemporanea Villa Croce a Genova gli dedica una mostra antologica. Negli anni duemila Zappettini si concentra sul simbolismo della trama e dell'ordito e sul colore blu, che poi sarà affiancato anche dal rosso, dal giallo e dal ritorno del bianco. Nel 2003 costituisce a Chiavari la Fondazione Zappettini per l'arte contemporanea che si dedica tutt'oggi, oltre alla valorizzazione e all'archiviazione delle opere dell'artista, anche allo studio e alla ricerca nell'ambito della Pittura analitica e degli Anni settanta.